Data di uscita:16 maggio 2013
Genere:Drammatico
Anno:2012
Regia:Carlos Reygadas
Attori:Nathalia Acevedo, Adolfo Jiménez Castro
Paese:Messico, Francia, Germania, Olanda
Durata:117 min
Distribuzione:Academy Two
Sceneggiatura:Carlos Reygadas
Fotografia:Alexis Zabé
Produzione:Mantarraya & Nodream
Sinossi
Juan vive assieme alla sua piccola famiglia di città nella campagna del Messico. In questo posto le gioie e le sofferenze sono concepite in un modo diverso. Juan si chiede se questi mondi siano complementari o se, in realtà, si combattano per eliminarsi a vicenda…
Può un film essere, per buona parte, stroncato dalla critica e allo stesso tempo ricevere il premio alla miglior regia al Festival di Cannes? Evidentemente si, è successo al quarto lavoro di Carlos Reygadas talentuoso e controverso regista messicano. Alla proiezione stampa durante il festival si è assistito a reazioni scomposte dei giornalisti alcuni dei quali hanno abbandonato la sala anticipatamente. Ma il film è stato poi premiato nello stesso anno della Palma d’oro a Michael Haneke con Amour e le esclusioni eccellenti di Leos Carax (Holy Motors) e Wes Anderson (Moonrise Kingdom).
Con questa premessa è facile intuire che la visione di Post Tenebras Lux non è agevole, le motivazioni di tale difficoltà proverò ad esplicarle in seguito.
Prima di parlare del film, per introdurre la figura del regista può essere interessante sapere che la sua visione di cinema deriva direttamente con il suo incontro, abbastanza casuale, con il cinema di Tarkovskij all’età di diciassette anni. La visione di Nostalghia lo colpì soprattutto per la quasi assenza della trama e l’idea di presenza che la corporeità degli oggetti dei paesaggi e degli esseri viventi che il film emana.
I primi minuti del film sono entusiasmanti e fanno pensare al capolavoro, in particolare la scena d’apertura nella quale una piccola bambina (la figlia del regista) si trova in uno splendido paesaggio all'imbrunire circondata da animali (mucche e cani), l’incombere dell’oscurità e l’avvicinarsi di un temporale non presagiscono nulla di buono e infatti la scena successiva denota un radicale cambio di registro: buio, camera fissa, l’interno di una casa, una porta si apre e un bagliore rossastro annuncia la presenza di un diavolo stilizzato rosso fiammante con una cassetta degli attrezzi in mano. Da qui in poi risulta difficile proseguire il discorso narrativo, due storie sembrano incrociarsi tra salti temporali, crisi coniugali rapporti contrastati tra la ricca famiglia borghese e gli indigeni della foresta e scene fuori contesto di una partita di rugby tra ragazzi inglesi. A proposito della partita di rugby (sport praticato da Reygadas che ha anche giocato nella nazionale messicana), il regista ha spiegato il senso di quelle scene: "La cosa bella degli sport di contatto è che hai paura. Sei nel mezzo della mischia, così tante persone sopra di te, la sensazione che stai per perdere il respiro; tutto ciò implica che la vita continui anche se sei impaurito, continui a giocare qualunque cosa accada "
E’ proprio l’approccio antinarrativo e forse troppo personale che rende la pellicola criptica e poco accessibile in mancanza di ulteriori elementi anche se il tema centrale della frustrazione della colpa e della possibile espiazione, suggerito dal titolo, è ben evidente in tutto il film.
Reygadas ha provato a dare ulteriori indicazioni in alcune interviste spiegando le sue intenzioni: "Siamo abituati a sapere esattamente cosa sta succedendo quando guardiamo qualcosa, il che è molto strano perché nella vita è esattamente il contrario. Il più delle volte nella vita viviamo attraverso le cose e non sappiamo cosa significano al tempo, tranne a un livello molto superficiale. È solo dopo che diventano importanti o assumono una rilevanza particolare "