Data di uscita:07 novembre 2019
Genere:Drammatico
Anno:2019
Regia:Bong Joon Ho
Attori:Hye-jin Jang, Kang-ho Song, Lee Sun-kyun, Cho Yeo-Jeong, Choi Woo-sik, Park So-dam
Paese:Corea del Sud
Durata:132 min
Distribuzione:Academy Two
Sceneggiatura:Kim Dae-hwan, Bong Joon Ho, Jin Won Han
Fotografia:Hong Kyung-pyo
Musiche:Jaeil Jung
Produzione:Barunson E&A, CJ E&M Film Financing & Investment Entertainment & Comics, CJ Entertainment, Frontier Works Comic
Sinossi:
I quattro membri della famiglia di Ki-taek sono molto uniti, ma anche molto disoccupati, e hanno davanti a loro un futuro incerto. La speranza di un’entrata regolare si accende quando il figlio, Ki-woo, viene raccomandato da un amico, studente in una prestigiosa università, per un lavoro ben pagato come insegnante privato. Con sulle spalle il peso delle aspettative di tutta la famiglia, Ki-woo si presenta al colloquio dai Park. Arrivato a casa del signor Park, proprietario di una multinazionale informatica, Ki-woo incontra la bella figlia Yeon-kyo. Ma dopo il primo incontro fra le due famiglie, una serie inarrestabile di disavventure e incidenti giace in agguato.
Lo so, si è già scritto tanto di questo film che forse si può considerare la migliore uscita del 2019, ma vorrei esprimere la mia opinione su un’opera che sta riscuotendo numerosi riconoscimenti e che credo continuerà a farlo (vedi la candidatura agli Oscar 2020).
Il regista Bong Joo-ho è la testimonianza della continua crescita del cinema coreano: ormai tutti conoscono i film del prolifico Kim Ki-duk (Ferro3, L’arco, L’isola, Pietà) o dell’ormai quasi americano Park Chan-wook (Oldboy, Stoker, The Handmaiden) ma gli appassionati conosceranno anche Lee Chang-dong (Poetry, Oasis) oppure Kim Ji-woon (I saw the devil, Two sisters) per non parlare di una miriade di bravi registi che hanno dato vita a un vero e proprio movimento. A questo proposito mi pare questo il momento di menzionare l’iniziativa del The Korean Film Archive che sul suo canale YouTube ha messo a disposizione gratuitamente più di duecento titoli (una parte di questi è sottotitolata in italiano).
Lo stesso regista di Parasite ha intrapreso un percorso interessante che lo ha già fatto conoscere ai cinefili di tutto il mondo con Memories of a murder e The host e al grande pubblico con la produzione americana Snowpiercer.
Con quest’ultimo film il regista ritorna in patria affrontando una tematica che descrive la società coreana odierna, ma che si può facilmente estendere a tutte le società occidentali. Attraverso l’incontro di due famiglie dall'estrazione sociale diversa si scatena un vero e proprio conflitto di classe. Bong, nelle sue interviste ci racconta di aver tratto ispirazione principalmente da due situazioni: una personale riferita al fatto che da giovane ha lavorato lui stesso come tutor per una famiglia ricca sentendo spesso fuori posto e a disagio in un ambiente non suo, la seconda è relativa al suo precedente film, Snowpiercer, ambientato in un treno apocalittico che racchiude un microcosmo di società umana suddiviso in classi. Parasite è quindi il naturale sviluppo tematico di Snowpiercer, questa volta la storia non è fantascientifica ma realistica, ambientata in tempo e luogo ben precisati che subisce una trasformazione dagli sviluppi imprevedibili.
E’ anche nella capacità di cambiare registro in modo repentino la grandezza di questo film che passa con naturalezza dalla commedia, al melodramma familiare all'horror senza perdere di coerenza e compattezza e facendo in modo che lo spettatore non intuisca mai cosa possa avvenire in seguito.
Altro tema ricorrente, anche questo simbolico, è dato dalle relative posizioni che i personaggi assumono durante lo svolgersi degli eventi. La classe dominante è evidentemente posta su un piano più alto, non a caso la famiglia di Ki-taek vive in un seminterrato in una zona posta infinitamente più in basso della zona residenziale, nella scena della tenda l’intera famiglia sotto il tavolo si trova più in basso dei coniugi sul divano, infine il bunker, nascosto dietro una parete posto quasi nelle viscere della casa che segna una vera svolta narrativa trasformando la vicenda da satira sull’ascesa sociale a qualcosa di più profondo e imprevedibile.
Ho tralasciato finora il titolo che merita un discorso a parte, chi sono i parassiti menzionati? Il regista non ha voluto svelare la sua idea in merito lasciando che lo spettatore traesse le sue conclusioni autonomamente, gli indizi non mancano: sono i ricchi che vivono sfruttando il lavoro delle classi più deboli o certi disperati costretti dalle condizioni di vita a vivere alle spalle di ricche famiglie? Alla fine nessuno è cattivo fino in fondo l’unico vero cattivo della storia sembra essere il capitalismo che scatena determinati meccanismi. Il finale non chiarisce il dilemma: è una speranza o è la definitiva pietra tombale su una situazione ormai consolidata? Non vi dico di più. Vedetelo.