Recensioni - Il Fazzoletto Rosso Resistente - Invelle (2023) Simone Massi

Pubblicato il 31/10/2024 su Diari di Cineclub n. 132 


 

Data di uscita: 29 agosto 2024
Genere: Hand-draw Animation, Animation
Anno: 2023
Regia: Simone Massi
Attori: Marco Baliani, Ascanio Celestini, Mimmo Cuticchio, Jaele Fo, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Giovanna Marini, Achille Massi, Gemma Massi, Toni Servillo, Filippo Timi
Paese: Italy, Switzerland
Durata: 82 min
Sceneggiatura: Simone Massi, Anne Paschetta, Alessio Torino, Luca Briasco, Julia Gromskaya, Nello Massi, Assunta Ceccarani
Storie e Disegni: Simone Massi
Montaggio: Simone Massi, Lola Capote Ortiz, Alberto Girotto
Produzione: Minimum Fax Media (Salvatore Pecoraro, Daniele di Gennaro), in collaborazione con RAI Kids, in coproduzione con Amka Films (Amel Soudani, Olga Lamontanara, Rhea PLANGG, Michela PINI) e RSI, Radio Televisione Svizzera, con il sostegno del MiC e il supporto di Eurimges e Regione Lazio, ECRA Edizioni del Credito Cooperativo


L’intestazione del suo sito recita: Simone Massi animatore resistente. Resistente a cosa? Chi lo conosce lo sa già, ma proviamo a scoprirlo ripercorrendo brevemente i passi di questo artista che da quasi trent’anni produce animazioni, e illustrazioni ottenendo premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Nasce e vive in una frazione di Pergola, un paese sulle colline marchigiane, di estrazione contadina, inizia lavorando come operario per poi studiare Cinema di Animazione alla Scuola d’Arte di Urbino realizzando piccoli cortometraggi d’animazione che si distinguono per l’originalità narrativa e per la tecnica. Nel corso della sua carriera ottiene numerosi riconoscimenti, i suoi lavori sono premiati ai David di Donatello, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ai Nastri d’Argento e altri importanti festival internazionali. La tecnica usata è quella dei graffi, messa a punto nel 2004 e adottata in tutti i lavori successivi, consiste nel graffiare, con strumenti incisori, una preparazione di pastelli a olio stesa su carta creando così i quadri che andranno a comporre l’animazione.
Torniamo al principio, dicevo resistente, Massi lo spiega bene attraverso un vero e proprio manifesto i cui punti principali si ritrovano inevitabilmente nella poetica delle sue opere: l’animatore è solo dice, una vera  e propria rivendicazione di autonomia autoriale, necessaria per preservare la libertà di sguardo e di pensiero pur comportando scelte difficili e tempi di realizzazione  diversi da quelli imposti dal mercato; non solo una questione di solitudine, animare stanca, è la fatica fisica nel disegnare e anche quella nel proporre i propri lavori mantenendo la coerenza etica di cui sopra. A maggior ragione quando le animazioni, come le sue, non sono semplici rappresentazioni, ma espressione di una continua ricerca, prima di tutto interiore, con le quali lo spettatore è chiamato a confrontarsi lasciandosi accompagnare nel viaggio che il tratto percorre senza sosta apparente.


Questa introduzione, per forza di cose limitata e non esaustiva penso sia comunque utile per avere un’idea dell’artista Simone Massi e del lavoro che ha portato alla realizzazione di Invelle (2023), il primo lungometraggio in trent’anni di carriera, un impegno e un lavoro tecnico notevole con la realizzazione di circa 40.000 quadri e, fatto eccezionale nella carriera di Massi, la collaborazione di una squadra di disegnatori che lo hanno aiutato in questa impresa quasi titanica.
Il film è un lungo percorso che attraversa tre generazioni di una famiglia contadina, scandito da avvenimenti della Storia d’Italia del Novecento: la Prima guerra mondiale, l’occupazione dei Nazisti durante la seconda e infine il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. Il filo conduttore è un fazzoletto rosso il quale inizialmente avvolge il capo della bimba Zelinda, un elemento resistente come Zelinda e gli altri protagonisti che ritroviamo in tutti i passaggi della narrazione: nel racconto delle difficoltà della bambina a contatto con la realtà contadina; nell’incontro con le schegge di una guerra che non risparmiano quelle colline; nella ricerca di un mare irraggiungibile per molte generazioni che ritorna, in maniera sfocata e indefinita, nei racconti quasi mitici degli anziani e, infine, con il trasferimento in città, dove la realtà contadina rimane comunque appiccicata come un’etichetta. I bambini sono i protagonisti di ciascuno dei tre episodi: prima Zelinda che, alla fine della Prima guerra mondiale, rimane orfana ed è costretta a rinunciare alla sua infanzia troppo presto, più avanti, nel 1943, Assunta il cui destino non sarà molto diverso da quello della madre, dovendo fare i conti con un’altra guerra e con l’impossibilità di continuare a studiare, infine Icaro, nipote di Zelinda a cui il progresso e l’urbanizzazione offrono la possibilità di realizzare finalmente ciò che mamma e nonna non hanno potuto portare a compimento. Si realizza così quello che preannuncia il titolo, una parola strana, incomprensibile per chi non è di quelle parti, invelle, per dire da nessuna parte o, meglio, in nessun luogo in particolare, ma anche a rappresentare il non-posto che la classe contadina si trova ad occupare dopo essere stata passata al setaccio in seguito alle due guerre ed essere stata ridotta all’irrilevanza da un sistema politico ed economico orientato esclusivamente alla produzione e al profitto.


I quadri di Massi, mai statici, si compenetrano l’uno con l’altro dando vita a un flusso continuo, restituendo la sensazione cinematografica di piani sequenza dove l’occhio di una cinepresa immaginaria si allarga dal particolare verso la totalità, infilandosi negli spazi, in profondità, fino a emergere in nuovi scenari. Non sempre i passaggi fra i vari periodi storici sono ben raccordati e in alcuni punti il film sembra sfilacciarsi sotto il peso della lunghezza ma sono dettagli, Invelle è un’opera unica nel panorama cinematografico italiano e non solo, un film coraggioso come il suo autore e con la sua stratificazione a vari livelli offre una lettura non stereotipata, ma sincera di un mondo passato e, per fortuna, non ancora dimenticato.
Dalla sua presentazione, nel settembre 2023, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il film ha fatto molta strada passando per Alice nella città e arrivando nelle sale con un buon riscontro di pubblico, cosa non scontata e mai semplice per un film particolare come questo. L’ultima tappa, ma solo in ordine di tempo, è il passaggio al recentissimo Valdarno Cinema Film Festival, uno dei più longevi festival italiani, giunto alla sua 42° edizione, da poco conclusosi, a Invelle è andata la menzione speciale da parte della giuria di qualità del Premio Diari di Cineclub, un riconoscimento meritatissimo che premia la volontà di parlare di sentimenti e valori apparentemente accantonati dalla società attuale. 


Consigliandovi di recuperare questa e le sue altre opere concludo con le parole della giuria, composta da Anna Barenghi, Antonio Vladimir Marino e Roberto Lasagna, le quali hanno motivato la scelta di menzionare il film di Massi: 
“un’animazione intrecciata come vimini, il segno austero dell’incisione, l’immagine onirica in perpetuo sfavillio che richiama il cinema degli esordi. Il film racconta la storia attraverso tre generazioni, il mondo rurale negli sguardi degli animali, il passato per comprendere dove siamo oggi”.