Data di uscita:30 maggio 2019
Genere:Documentario
Anno:2019
Regia:Agostino Ferrente
Paese:Italia, Francia
Durata:76 min
Distribuzione:Istituto Luce Cinecittà
Fotografia:Alessandro Antonelli, Pietro Orlando
Montaggio:Letizia Caudullo, Chiara Russo
Musiche:Cristiano Defabriitis, Andrea Pesce
Produzione:Arte France e Magneto
Napoli, Rione Traiano. Nell'estate del 2014 un ragazzo di sedici anni, Davide, muore durante un inseguimento, colpito da un carabiniere che lo ha scambiato per un latitante. Anche Alessandro e Pietro hanno 16 anni e vivono nel Rione Traiano. Sono amici fraterni, diversissimi e complementari, abitano a pochi metri di distanza, uno di fronte all'altro, separati da Viale Traiano, dove fu ucciso Davide. Alessandro e Pietro accettano la proposta del regista di auto riprendersi con il suo iPhone per raccontare in presa diretta il proprio quotidiano, l’amicizia che li lega, il quartiere che si svuota nel pieno dell’estate, la tragedia di Davide.
La particolarità di Selfie però risiede nella metodologia della narrazione, il regista infatti non si limita a seguire i personaggi tradizionalmente seppur in maniera ravvicinata, ma affida a loro lo strumento e il mezzo di trasmissione. La telecamera allora diventa uno strumento di uso quotidiano (il telefonino) e gli stessi protagonisti diventano registi delle loro vite. Una scelta artistica coraggiosa che accentua la dimensione realistica del film e che cerca di eliminare ogni interferenza esterna rispetto alla quotidianità dei due ragazzi.
Proprio nella scelta di affidare ai due adolescenti il completo controllo sulla metodologia e i contenuti del film risiede il maggior pregio e allo stesso tempo quello che si più definire il suo limite. Infatti, specie nella prima parte, la narrazione sembra essere in alcuni casi ripetitiva e a volte frammentata nei momenti in qui la camera passa dalle mani dei protagonisti a quelle degli amici del quartiere.
Il risultato in ogni caso restituisce un quadro della situazione non molto rassicurante dove la fatica maggiore sembra essere quella di evitare di lasciarsi risucchiare dal vortice malavitoso che pervade il quartiere, nel quale si cresce con l’abitudine e l’idea di dover, prima o poi, fare i conti con la giustizia. Si assiste infatti all'elaborazione di una aspettativa che, nel migliore dei casi, prevede una vita altrove, ma che, più probabilmente, dovrà fare i conti con la disperazione e la galera.
In tutto questo lo Stato sembra essere assente quasi quella fosse una zona franca, quando invece interviene lo fa in modo maldestro e pericoloso come testimonia la vicenda di Davide Bifolco caduto per la somiglianza con un ricercato.