Recensioni - Diari di Cineclub n. 141/2025 - Sirât (2025) Oliver Laxe – un viaggio alla fine del mondo

n. 141 12 Sirât (2025) Oliver Laxe – un viaggio alla fine del mondo Una nota afermazio - ne attribuita a Louis Lumière recita: “il ci- nema è una invenzio- ne senza futuro” e, quasi a volerla confer- mare, periodicamente ritorna l’annosa que- stione circa la presun- ta morte del cinema. Ciononostante, nuovi cineasti si propongono e trovano spazio ogni anno nelle principali rassegne di tutto il mondo, uno tra i più pro- mettenti tra questi è sicuramente Oliver Laxe, giunto al suo quarto lungometraggio. Oliver Laxe nasce a Parigi nel 1982 da una coppia di emigrati galiziani, i quali fanno ritorno in Spagna quando lui ha sei anni; dopo aver completato gli studi si sposta in Marocco do- ve, nel 2010, gira il suo primo ilm Todos vós so - des capitáns aggiudicandosi il premio FIPRE- SCI alla Quinzaine des Réalisateurs. Il ilm racconta di un regista europeo che sta giran- do un ilm con dei bambini di un centro socia - le di Tangeri, ma il progetto viene stravolto a causa dei suoi metodi di lavoro e del diicile rapporto con i bambini. Sei anni dopo arriva il secondo lungometraggio: Mimosas , ambienta- to sulle montagne dell’Atlante in cui una caro- vana ha il compito di portare uno sceicco mo- rente verso il luogo della sua tumulazione vicino ai suoi cari. La morte del viaggiatore e la paura di afrontare le montagne marocchi - ne complicano il viaggio. Il ilm vince il Gran Premio a La Semaine de la Critique di Cannes. Nel 2019, ancora a Cannes, questa volta nella sezione Un Certain Regards, Laxe presenta O que arde (2019) ottenendo il Premio della giu- ria. Cambia l’ambientazione: non più il Ma- rocco bensì la catena montuosa di Ancares nella Galizia spagnola. Qui un piromane tor- na nella casa del suo villaggio, dove vive con l’anziana madre, dopo aver scontato una pena in prigione. Lo scoppio di un nuovo incendio rimette in discussione la sua reintegrazione e il rapporto con i paesani. Da questi primi lavori emergono già gli ele- menti caratterizzanti la poetica del regista franco-ispanico: la tematica ricorrente del viaggio, nel suo signiicato letterale oltreché in chiave esistenziale, la predilezione per l’am- bientazione montuosa e la scelta di lavorare con parte del cast non professionista. Molti di questi si ritrovano nel recente Sirât presenta- to, in concorso, alla scorsa edizione del Festi- val di Cannes. Il festival sembra quasi coccola- re questo autore emergente avendo presentato tutti i suoi ilm gratiicandolo, anche in questa occasione, con un riconoscimento importante: il Gran Premio della Giuria. Un padre (Sergi López: Il labirinto del fauno, Paciiction ) e suo iglio arrivano a un rave nel sud del Marocco per cercare la iglia e sorella scomparsa mesi prima in un altro evento si- mile. Circondati da musica elettronica e da un senso di libertà per loro sconosciuto, si aggira- no mostrando senza sosta la foto della ragazza scomparsa. Decidono di seguire un gruppo di ravers diretti ancora più a Sud, verso un altro rave, avventurandosi nel deserto roccioso in un viaggio che li porterà a fare i conti con i propri limiti. Il titolo del ilm deriva dalla locuzione musul - mana a - irā al-mustaqīm che indica il per - corso verso la salvezza, oltre a descrivere il ponte tra due dimensioni: isica e metaisica. Il ilm si sviluppa proprio lungo la traiettoria tra un livello concreto e materiale e un altro più spirituale, tale passaggio è veicolato dalla musica, onnipresente, prima aggressiva, in- tensa, tribale poi evocativa e rarefatta. Il suo- no e la musica sono componenti essenziali di un percorso in cui il suono e la narrazione si muovono in simbiosi per poi disintegrarsi dando forma a quelli che il regista deinisce i paesaggi della coscienza dove la storia, non senza momenti tragici, scuote i protagonisti imponendo un cambiamento di rotta radica- le. Una trasformazione dettata anche da un contesto sociale instabile dove la natura è mi- nacciata e violata dalla guerra. Seppur non evidentemente rappresentata, la guerra è una presenza tangibile, non si sa chi siano i contendenti ma gli efetti sono ben vi - sibili. In questo contesto si muovono i ravers, e fra loro i compagni di viaggio del protagoni- sta, con i loro corpi mutilati, testimonianza di una vita vissuta oltre tutti i limiti. Per loro la musica e il ballo sono gli unici modi di espri- mere totalmente e liberamente se stessi al di fuori di una società civilizzata che mostra evi- denti segni di cedimento. Una comunità che sente il bisogno di riappropriarsi di un rap- porto diretto con gli elementi naturali, non iltrati dall’intervento umano. E allora il deser - to è perfetto per tale rappresentazione, lì l’uomo è un’entità minuscola di fronte alle distese di roccia e sabbia interminabile e un cielo enorme. Una rappresentazione di un’umanità imprepa- rata rispetto alla sensazione di collasso immi- nente cosicché, in uno dei dialoghi più rilevanti, alla domanda: “pensi che stiamo vivendo la ine del mondo?”. La risposta è signiicativa : “non lo so, è già parecchio che è la ine del mondo”. Sirât non è riconducibile a un genere preciso; se a prima vista può sembrare un road movie, nel corso della visione lo vediamo trasformar- si e, come i personaggi, anche lo spettatore deve fare i conti con la perdita di certezze ac- quisite. Laxe riesce con grande maestria a in- serire continui colpi di scena, destabilizzanti nella loro tragicità. L’atmosfera crepuscolare e apocalittica, oltreché, ovviamente i paesaggi rossastri e i grandi veicoli che percorrono il de- serto, non possono non ricordare la saga di Mad Max, anche se il regista ha sottolineato ripetuta- mente l’inluenza ricevuta dal cinema america - no degli anni Settanta, un periodo in cui la forte polarizzazione della società, l’emergere di con- troculture e la ricerca di una nuova spiritualità lo rende in qualche modo simile ai tempi che stiamo vivendo. Oltre a questi si possono ri- scontrare anche altri riferimenti: il William Fri- edkin di Sorcerer – Il salario della paura , L’avventu - ra di Antonioni e un rimando a Pink Floyd: Live at Pompeii soprattutto nella sequenza iniziale. Il ilm ancora non è uscito in Italia, i più fortunati hanno avuto modo di vederlo durante la rassegna Cannes mon amour svoltasi a Roma nel mese di luglio, per tutti gli altri non rimane che attendere l’uscita in sala prevista nei prossimi mesi come annunciato da Mubi Italia che si occuperà della distribuzione nelle sale, non perdetelo. Tonino Mannella Oliver Laxe sul set di Sirât Tonino Mannella