Recensioni - Diari di Cineclub n. 139/2025 - Andrea Arnold, da Milk a Bird... in data maggio 31, 2025 Ottieni link Facebook X Pinterest Email Altre app n. 139 24 Andrea Arnold, da Milk a Bird, uno sguardo poetico sulla realtà Nell’occasione dell’u - scita in sala del suo se- sto lungometraggio Bird, può essere interessante ripercorrere il percor- so e le tematiche di una delle più talentuose e interessanti registe del panorama cinemato- graico attuale: Andrea Arnold. La regista britannica nasce a Dar - tford, nell’ambiente povero e svantaggiato del proletariato e delle case popolari nella provin- cia del Kent. I genitori, una coppia di adole - scenti non ancora maggiorenni, si separano dopo pochi anni e la madre si trova a dover crescere da sola i quattro igli di cui Andrea è la primogenita. Andrea studia il minimo indi - spensabile lasciando la scuola a 16 anni per in- seguire il sogno di diventare attrice, lavora per 10 anni in Tv dove conduce un program - ma per ragazzi, alimentando parallelamente l’attività di scrittura. L’esigenza di tramutare le sue storie in ilm e la volontà di colmare le carenze formative la inducono a trasferirsi a Los Angeles dove studia Cinema e acquisisce esperienza nell’industria cinematograica. Questo percorso porterà alla realizzazione, nel 1998, del suo primo cortometraggio, Milk che viene presentato alla Semaine de la Criti - que di Cannes a cui segue, nel 2001, un altro corto: Dog . Con il terzo cortometraggio Wasp nel 2003, arriva la consacrazione deinitiva. Il ilm vince il Sundance Film Festival e l’Oscar come miglior cortometraggio in live action. Già in questi primi lavori compaiono le tema - tiche ricorrenti nelle opere della Arnold: l’in - teresse per gli elementi naturali, l’attenzione alle igure femminili (le donne sono le prota - goniste in tutti i suoi lavori), lo sguardo reali- stico al limite del documentaristico, il riferi - mento sociale alle categorie sfruttate del proletariato. In particolare, in Wasp , la Arnold sembra mettere in scena più di un elemento autobiograico raccontando il tentativo di una giovane ragazza madre di regalarsi una momentanea evasione dal suo ruolo, e vede la più grande delle bambine della donna accudi - re e controllare come può le sorelline più piccole, situazione che si ripeterà in American Honey dove la protagonista sembra essere la ver- sione cresciuta della bimba nel cortome- traggio . L’anno successivo realizza il suo primo lun - gometraggio Red Road , il quale ha una genesi particolare nascendo da un’idea di Lars Von Trier, Lone Scherig e Anders Thomas Jen - sen: il progetto, denominato Advance Party, prevedeva la realizzazione di tre opere pri - me dirette da altrettanti registi obbligati a utilizzare gli stessi nove personaggi. Tali personaggi erano caratterizzati dagli idea - tori del progetto e dotati di una back story da cui i registi dovevano trarre spunto per svi- luppare la narrazione. Red Road è il primo ilm realizzato nell’ambito del progetto e riceve grandi apprezzamenti: il premio ai BAFTA co - me miglior opera prima e il Gran Premio della Giuria al festival di Cannes. È la storia di una poliziotta addetta al controllo delle telecame - re a circuito chiuso dislocate nei luoghi pub - blici della città di Glasgow. Durante il suo la - voro riconosce, in una delle riprese, un uomo con cui ha avuto a che fare in passato, ciò in - duce la donna a uscire dal centro di sorve- glianza per iniziare un’indagine personale con risvolti inquietanti e sorprendenti. La struttura è a tutti gli efetti quella di un thril - ler hitchcockiano che allo stesso tempo rivela e approfondisce sottotesti diversi come lo sguardo alla classe sociale medio-bassa (I Re - ad Road sono caseggiati di Glasgow identii - cati da una striscia rossa abitati dal proleta- riato cittadino) e una dialettica tra vittima e carneice che genera una tensione crescente. Il successivo Fish Tank (2009) è di nuovo un successo di critica: vince i BAFTA come mi - glior ilm britannico e nuovamente il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Qui la protagonista è la quindicenne Mia che vive, non senza diicoltà, con la giovanissima ma - dre e una sorellina più piccola, ha la passione per la danza hip hop e le cui (poche) certezze ven - gono messe in crisi dall’arrivo dell’amante della madre. Fish Tank è un coming of age disseminato di cadute e risalite, una progressione per tentativi tipica di una classe sociale svantaggiata che per forza di cose si trova nell’impossibilità di programmare la propria esistenza. Attraverso la fallibilità dei personaggi della Arnold emer - ge la continua ricerca della massima verità degli stessi. Una costante della cinematogra - ia della Arnold è, infatti, l’estremo realismo, supportato anche da scelte tecniche e stilisti - che come l’uso della camera a mano, riprese sporche e nervose o la scelta di formati stretti che valorizzano i dettagli e, allo stesso tempo, intrappolano i personaggi sottolineandone i loro movimenti per divincolarsi da una situa- zione oppressiva. Anche quando la narrazione apparentemente richiederebbe un respiro più ampio e un’at - tenzione maggiore all’elemento naturalistico, come ad esempio nel suo terzo ilm Wuthering Heights (2011), trasposizione del romanzo di Emily Brontë, Andrea Arnold sceglie un for - mato stretto che le consente di concentrarsi sui particolari, i primi piani, gli sguardi che costruiscono il rapporto tra i due amanti. Cio - nondimeno la ricerca di realismo si manifesta prepotentemente con la scelta, coerente con il racconto, ma mai adottata nei precedenti adat- tamenti cinematograici, di aidare il ruolo di Heatclif a un attore di colore (James Howson), in più la Arnold non si preoccupa di confezio - nare un classico ilm in costume, ma, essendo segue a pag. successiva Tonino Mannella Andrea Arnold (1961) Dartford, Regno Unito “Fish Tank” (2009) diaridicineclub@gmail.com 25 segue da pag. precedente ambientato nella brughiera inglese, ci mette dello sporco, letteralmente, c’è del fango e i vestiti si sporcano tanto. Nel 2016 Arnold esce dal Regno Unito e, con American Honey , racconta la storia di un’altra adolescente che abbandona la famiglia di - sfunzionale in cui sembra essere l’unica a oc - cuparsi dei fratellini più piccoli. Star, questo il nome della protagonista, decide di partire e di unirsi a un gruppo di giovani che gira gli Sta - tes vendendo riviste porta a porta. Conosce Jake e, come già capitato in Fish Tank , vede nella igura dell’uomo la possibilità di uscire dalla propria condizione. Qui il pedinamento dei personaggi si fa, se possibile, ancora più intenso e la componente quasi casuale degli avvenimenti emerge con forza. Una caratteri - stica questa che raforza l’impressione di im - provvisazione tipica dei lavori della regista seppure l’utilizzo del linguaggio cinemato - graico e della macchina da presa evidenziano uno studio attento e accurato delle dinamiche della messa in scena. Bisogna attendere ben cinque anni per l’opera successiva che, dopo tanto realismo, è quasi naturale che sia un documentario. Il grande intervallo di tempo tra l’uscita di American Ho- ney e Cow è giustiicato dai tempi di lavorazio - ne di quest’ultimo. In Cow la Arnold segue in- fatti quattro anni di vita della mucca Luma all’interno di un allevamento. Ancora una vol - ta un personaggio femminile (seppur anima - le), ancora una volta racconta di una situazio - ne di sfruttamento scegliendo di eliminare la voce narrante e trasmettendo il punto di vista dell’animale, le uniche voci umane sono in sot - tofondo e sono relative alla gestione degli ani - mali dell’allevamento. Eliminando così qualsiasi spettacolarizzazione la Arnold restituisce un cinema puramente sensoriale alla ricerca, come l’ha deinita lei stes - sa, di una coscienza non umana. Siamo così arrivati alla tappa inale (per ora) del percorso artistico di una delle più grandi registe britan - niche del cinema indipendente. Il suo ultimo lavoro è Bird , presenta- to a Cannes nel 2024 uscito nelle sale italiane a maggio 2025 dopo un passaggio alla Festa del Cinema di Roma nello scorso autunno. È la storia di Bailey una dodicenne che vive con il giovanissimo padre (Barry Keo - ghan) e il fratellastro maggiore anch’egli ado - lescente. Il contesto è ancora una volta quello del sottoproletariato britannico, ma in questo caso la regista introduce elementi iabeschi coniugandoli miracolosamente con l’estremo realismo che, come si è visto contraddistin - gue la sua ilmograia. Il mondo animale ri - torna in questo ilm come punto di collega - mento con il precedente Cow , sembra quasi che Bailey ne sia circondata, anzi spesso sono gli umani a disturbare l’idillio che si instaura tra la ragazza e la natura in cui è immersa. Già dalla prima scena, ad esempio, un apparente gioco di sguardi tra la protagonista e un gab- biano viene bruscamente interrotto dall’arri - vo del padre che la riporta alla realtà. Come in tutti i ilm della Arnold il leitmotiv della storia è proprio la ricerca di una via di fuga da una condizione diicile e opprimente insieme alla ricerca di una consapevolezza di sé stessi tipi - ca dell’età adolescenziale. A diferenza dei precedenti lavori l’elemento magico si inseri - sce a sorpresa nella narrazione attraverso la igura di Bird (Franz Rogowski) uno strambo giovane sbucato dal nulla che entra nella vita della dodicenne. Il riferimento a una realtà brutale comunque non scompare, uscendone anzi raforzato dal contrasto con il lirismo di certi passaggi, e diventa quasi commovente nella caratterizzazione dei personaggi princi - pali capaci di sentimenti densi e genuini mal- grado non siano sempre in grado di ester- narli. L’amore verso i suoi personaggi e l’ossessione della regista per le motivazioni che portano le persone a essere ciò che sono, in questo come in tutti i suoi ilm, emerge perfettamente in una delle battute più signiicative del ilm: “nessuno è nessuno, Bailey”. La Arnold proce - de, come loro, per tentativi e digressioni, ac- compagnando la narrazione con una colonna sonora che ne segue l’andamento imprevedi - bile, dove accanto al punk, al white trash tro - viamo la cosiddetta daddy music che sottoli - nea i momenti più intensi della narrazione. Il cinema della Arnold non è un cinema per - fetto alla ricerca dell’inquadratura ottimale, la regista preferisce l’immediatezza della came - ra a mano restituendo una narrazione a volte caotica, ma realistica e spesso trascinante. Il consiglio è di recuperare la visione dei suoi ilm magari partendo proprio da Bird che po - treste trovare ancora in sala. Tonino Mannella “Cime tempestose” - Wuthering Heights (2011) “Red Road” (2006) SCARICA GRATIS DIARI DI CINECLUB N. 139