Recensioni - Diari di Cineclub n. 139/2025 - Andrea Arnold, da Milk a Bird...
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Andrea Arnold, da Milk a Bird, uno sguardo poetico sulla realtà
Nell’occasione dell’u
-
scita in sala del suo se-
sto lungometraggio
Bird,
può essere interessante
ripercorrere il percor-
so e le tematiche di una
delle più talentuose e
interessanti registe del
panorama cinemato-
graico attuale: Andrea
Arnold. La regista britannica nasce a Dar
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tford, nell’ambiente povero e svantaggiato del
proletariato e delle case popolari nella provin-
cia del Kent. I genitori, una coppia di adole
-
scenti non ancora maggiorenni, si separano
dopo pochi anni e la madre si trova a dover
crescere da sola i quattro igli di cui Andrea è
la primogenita. Andrea studia il minimo indi
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spensabile lasciando la scuola a 16 anni per in-
seguire il sogno di diventare attrice, lavora
per 10 anni in Tv dove conduce un program
-
ma per ragazzi, alimentando parallelamente
l’attività di scrittura. L’esigenza di tramutare
le sue storie in ilm e la volontà di colmare le
carenze formative la inducono a trasferirsi a
Los Angeles dove studia Cinema e acquisisce
esperienza nell’industria cinematograica.
Questo percorso porterà alla realizzazione,
nel 1998, del suo primo cortometraggio,
Milk
che viene presentato alla Semaine de la Criti
-
que di Cannes a cui segue, nel 2001, un altro
corto:
Dog
. Con il terzo cortometraggio
Wasp
nel 2003, arriva la consacrazione deinitiva. Il
ilm vince il Sundance Film Festival e l’Oscar
come miglior cortometraggio in live action.
Già in questi primi lavori compaiono le tema
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tiche ricorrenti nelle opere della Arnold: l’in
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teresse per gli elementi naturali, l’attenzione
alle igure femminili (le donne sono le prota
-
goniste in tutti i suoi lavori), lo sguardo reali-
stico al limite del documentaristico, il riferi
-
mento sociale alle categorie sfruttate del
proletariato. In particolare, in
Wasp
, la Arnold
sembra mettere in scena più di un elemento
autobiograico raccontando il tentativo di
una giovane ragazza madre di regalarsi una
momentanea evasione dal suo ruolo, e vede la
più grande delle bambine della donna accudi
-
re e controllare come può le sorelline più piccole,
situazione che si ripeterà in
American Honey
dove la protagonista sembra essere la ver-
sione cresciuta della bimba nel cortome-
traggio
.
L’anno successivo realizza il suo primo lun
-
gometraggio
Red Road
, il quale ha una genesi
particolare nascendo da un’idea di Lars Von
Trier, Lone Scherig e Anders Thomas Jen
-
sen: il progetto, denominato Advance Party,
prevedeva la realizzazione di tre opere pri
-
me dirette da altrettanti registi obbligati a
utilizzare gli stessi nove personaggi. Tali
personaggi erano caratterizzati dagli idea
-
tori del progetto e dotati di una back story
da cui i registi dovevano trarre spunto per svi-
luppare la narrazione.
Red Road
è il primo ilm
realizzato nell’ambito del progetto e riceve
grandi apprezzamenti: il premio ai BAFTA co
-
me miglior opera prima e il Gran Premio della
Giuria al festival di Cannes. È la storia di una
poliziotta addetta al controllo delle telecame
-
re a circuito chiuso dislocate nei luoghi pub
-
blici della città di Glasgow. Durante il suo la
-
voro riconosce, in una delle riprese, un uomo
con cui ha avuto a che fare in passato, ciò in
-
duce la donna a uscire dal centro di sorve-
glianza per iniziare un’indagine personale
con risvolti inquietanti e sorprendenti. La
struttura è a tutti gli efetti quella di un thril
-
ler hitchcockiano che allo stesso tempo rivela
e approfondisce sottotesti diversi come lo
sguardo alla classe sociale medio-bassa (I Re
-
ad Road sono caseggiati di Glasgow identii
-
cati da una striscia rossa abitati dal proleta-
riato cittadino) e una dialettica tra vittima e
carneice che genera una tensione crescente.
Il successivo
Fish Tank
(2009) è di nuovo un
successo di critica: vince i BAFTA come mi
-
glior ilm britannico e nuovamente il Gran
Premio della Giuria al Festival di Cannes. Qui
la protagonista è la quindicenne Mia che vive,
non senza diicoltà, con la giovanissima ma
-
dre e una sorellina più piccola, ha la passione
per la danza hip hop e le cui (poche) certezze ven
-
gono messe in crisi dall’arrivo dell’amante della
madre.
Fish Tank
è un
coming of age
disseminato di
cadute e risalite, una progressione per tentativi
tipica di una classe sociale svantaggiata che per
forza di cose si trova nell’impossibilità di
programmare la propria esistenza. Attraverso
la fallibilità dei personaggi della Arnold emer
-
ge la continua ricerca della massima verità
degli stessi. Una costante della cinematogra
-
ia della Arnold è, infatti, l’estremo realismo,
supportato anche da scelte tecniche e stilisti
-
che come l’uso della camera a mano, riprese
sporche e nervose o la scelta di formati stretti
che valorizzano i dettagli e, allo stesso tempo,
intrappolano i personaggi sottolineandone i
loro movimenti per divincolarsi da una situa-
zione oppressiva.
Anche quando la narrazione apparentemente
richiederebbe un respiro più ampio e un’at
-
tenzione maggiore all’elemento naturalistico,
come ad esempio nel suo terzo ilm
Wuthering
Heights
(2011), trasposizione del romanzo di
Emily Brontë, Andrea Arnold sceglie un for
-
mato stretto che le consente di concentrarsi
sui particolari, i primi piani, gli sguardi che
costruiscono il rapporto tra i due amanti. Cio
-
nondimeno la ricerca di realismo si manifesta
prepotentemente con la scelta, coerente con il
racconto, ma mai adottata nei precedenti adat-
tamenti cinematograici, di aidare il ruolo di
Heatclif a un attore di colore (James Howson),
in più la Arnold non si preoccupa di confezio
-
nare un classico ilm in costume, ma, essendo
segue a pag. successiva
Tonino Mannella
Andrea Arnold (1961) Dartford, Regno Unito
“Fish Tank” (2009)
diaridicineclub@gmail.com
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segue da pag. precedente
ambientato nella brughiera inglese, ci mette
dello sporco, letteralmente, c’è del fango e i
vestiti si sporcano tanto.
Nel 2016 Arnold esce dal Regno Unito e, con
American Honey
, racconta la storia di un’altra
adolescente che abbandona la famiglia di
-
sfunzionale in cui sembra essere l’unica a oc
-
cuparsi dei fratellini più piccoli. Star, questo il
nome della protagonista, decide di partire e di
unirsi a un gruppo di giovani che gira gli Sta
-
tes vendendo riviste porta a porta. Conosce
Jake e, come già capitato in
Fish Tank
, vede
nella igura dell’uomo la possibilità di uscire
dalla propria condizione. Qui il pedinamento
dei personaggi si fa, se possibile, ancora più
intenso e la componente quasi casuale degli
avvenimenti emerge con forza. Una caratteri
-
stica questa che raforza l’impressione di im
-
provvisazione tipica dei lavori della regista
seppure l’utilizzo del linguaggio cinemato
-
graico e della macchina da presa evidenziano
uno studio attento e accurato delle dinamiche
della messa in scena.
Bisogna attendere ben cinque anni per l’opera
successiva che, dopo tanto realismo, è quasi
naturale che sia un documentario. Il grande
intervallo di tempo tra l’uscita di
American Ho-
ney
e
Cow
è giustiicato dai tempi di lavorazio
-
ne di quest’ultimo. In
Cow
la Arnold segue in-
fatti quattro anni di vita della mucca Luma
all’interno di un allevamento. Ancora una vol
-
ta un personaggio femminile (seppur anima
-
le), ancora una volta racconta di una situazio
-
ne di sfruttamento scegliendo di eliminare la
voce narrante e trasmettendo il punto di vista
dell’animale, le uniche voci umane sono in sot
-
tofondo e sono relative alla gestione degli ani
-
mali dell’allevamento. Eliminando così qualsiasi
spettacolarizzazione la Arnold restituisce un
cinema puramente sensoriale alla
ricerca, come l’ha deinita lei stes
-
sa, di una coscienza non umana.
Siamo così arrivati alla tappa inale
(per ora) del percorso artistico di
una delle più grandi registe britan
-
niche del cinema indipendente. Il
suo ultimo lavoro è
Bird
, presenta-
to a Cannes nel 2024 uscito nelle
sale italiane a maggio 2025 dopo
un passaggio alla Festa del Cinema
di Roma nello scorso autunno. È la
storia di Bailey una dodicenne che
vive con il giovanissimo padre (Barry Keo
-
ghan) e il fratellastro maggiore anch’egli ado
-
lescente. Il contesto è ancora una volta quello
del sottoproletariato britannico, ma in questo
caso la regista introduce elementi iabeschi
coniugandoli miracolosamente con l’estremo
realismo che, come si è visto contraddistin
-
gue la sua ilmograia. Il mondo animale ri
-
torna in questo ilm come punto di collega
-
mento con il precedente
Cow
, sembra quasi
che Bailey ne sia circondata, anzi spesso sono
gli umani a disturbare l’idillio che si instaura
tra la ragazza e la natura in cui è immersa. Già
dalla prima scena, ad esempio, un apparente
gioco di sguardi tra la protagonista e un gab-
biano viene bruscamente interrotto dall’arri
-
vo del padre che la riporta alla realtà. Come in
tutti i ilm della Arnold il leitmotiv della storia
è proprio la ricerca di una via di fuga da una
condizione diicile e opprimente insieme alla
ricerca di una consapevolezza di sé stessi tipi
-
ca dell’età adolescenziale. A diferenza dei
precedenti lavori l’elemento magico si inseri
-
sce a sorpresa nella narrazione attraverso la
igura di Bird (Franz Rogowski) uno strambo
giovane sbucato dal nulla che entra nella vita
della dodicenne. Il riferimento a una realtà
brutale comunque non scompare, uscendone
anzi raforzato dal contrasto con il lirismo di
certi passaggi, e diventa quasi commovente
nella caratterizzazione dei personaggi princi
-
pali capaci di sentimenti densi e genuini mal-
grado non siano sempre in grado di ester-
narli.
L’amore verso i suoi personaggi e l’ossessione
della regista per le motivazioni che portano le
persone a essere ciò che sono, in questo come
in tutti i suoi ilm, emerge perfettamente in
una delle battute più signiicative del ilm:
“nessuno è nessuno, Bailey”. La Arnold proce
-
de, come loro, per tentativi e digressioni, ac-
compagnando la narrazione con una colonna
sonora che ne segue l’andamento imprevedi
-
bile, dove accanto al punk, al white trash tro
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viamo la cosiddetta daddy music che sottoli
-
nea i momenti più intensi della narrazione.
Il cinema della Arnold non è un cinema per
-
fetto alla ricerca dell’inquadratura ottimale, la
regista preferisce l’immediatezza della came
-
ra a mano restituendo una narrazione a volte
caotica, ma realistica e spesso trascinante. Il
consiglio è di recuperare la visione dei suoi
ilm magari partendo proprio da
Bird
che po
-
treste trovare ancora in sala.
Tonino Mannella
“Cime tempestose” - Wuthering Heights (2011)
“Red Road” (2006)