Recensioni - Il Servo (1963) Joseph Losey



Genere: Drammatico
Anno: 1963
Regia: Joseph Losey
Attori: Dirk Bogarde, Sarah Miles, Wendly Craig, James Fox, Catherine Lacey, Anna Firbank, Richard Vernon, Harold Pinter, Alan Owen, Jill Medford, Patrick Magee, Doris Knox
Paese: Gran Bretagna
Durata: 117 min
Distribuzione: Dear Fox - Skorpion Entertainment
Sceneggiatura: Harold Pinter
Fotografia: Douglas Slocombe
Montaggio: Reginald Mills
Musiche: John Dankworth
Produzione: Springbook Production, Warner-Pathé Distributors


Sinossi:
Preso a servizio dal giovane, ricco e nobile Tony Mounset, il cameriere Hugo Barrett intuisce la debole indole del suo nuovo padrone e non tarda a conquistarsi una posizione dominante, coinvolgendo nel gioco anche la propria amante Vera…


Un marxista romantico, così si autodefinì Joseph Losey, uno dei registi americani dallo stile più europeo e anticonformista, la cui carriera fu influenzata dai suoi maestri Bertold Brecht e Sergej Ejzenstejn e pesantemente condizionata dalla battaglia anticomunista del governo americano. All’inizio degli anni cinquanta la caccia ai comunisti sfociò nella creazione della commissione per le attività anti americane (HUAC) e al fenomeno del maccartismo che costrinse Losey e altri importanti registi e sceneggiatori a trovare rifugio in Europa. In Inghilterra realizzò gran parte della sua filmografia e si avvalse della collaborazione del drammaturgo premio Nobel Harold Pinter che firmò la sceneggiatura de Il Servo, a sua volta tratta dal romanzo di Robin Maugham.


Il film descrive, attraverso la contrapposizione di classe, il rapporto indissolubile tra servo e padrone (nell’ottica della dialettica affrontata già da Nietzsche), l’interdipendenza tra i ruoli e il conflitto interiore tra natura umana e ruolo sociale. Ogni protagonista infatti ricopre più ruoli in un gioco delle parti che determina lo svolgersi degli eventi all’interno di una labirintica casa vittoriana,
l’alternanza di ruoli porterà a un rovesciamento di posizioni e di rapporti imprevedibile quanto inevitabile. Partendo dalla dialettica servo-padrone Losey indaga la natura umana dei vari personaggi mettendola a nudo e rivelandone le debolezze psicologiche, le quali rimangono ben nascoste finché i ruoli sociali assolvono alla loro funzione.


Uno dei temi affrontati dal film è la costruzione e la rappresentazione dell’immagine attraverso due importanti elementi: la casa e gli specchi. La casa vittoriana in cui si svolge principalmente Il Servo è assimilabile a uno dei principali protagonisti, la sua ricostruzione in seguito all’avvento del maggiordomo simboleggia la costruzione di un'immagine di sé e, nel corso del film, i cambiamenti nella tenuta dello stabile seguono le varie fasi di trasformazione nei personaggi. Di volta in volta essa viene rappresentata come un rifugio sicuro o, più spesso, come un luogo labirintico e claustrofobico da cui non è possibile evadere. La struttura del film riflette tale aspetto in maniera esplicita e se nella prima parte l’alternanza tra scene girate in esterna e quelle in interni è evidente, nella seconda le scene esterne scompaiono quasi del tutto lasciando agli ambienti interni il predominio della scena.
Il secondo elemento caratterizzante della messa in scena è la presenza costante degli specchi che compaiono in moltissime inquadrature, anche con effetti deformanti, a sottolineare la dimensione del doppio e l’evidenza di apparenze fallaci.


Da notare anche la dimensione erotica che Losey riesce a imprimere al film, il regista è bravissimo a creare una tensione sessuale palpabile pur rispettando i canoni estetici dell’epoca, emblematica è la scena della cucina: la perfetta combinazione di luci, il montaggio del gioco di sguardi che si instaura e la componente sonora con il gocciolio ritmato del rubinetto e lo squillo del telefono ne accentuano la carica istintuale e perturbante.
In tutto ciò non manca una componente di circolarità che coinvolge i due principali protagonisti: il loro relazionarsi è un continuo modificarsi di comportamenti che portano alla luce gli elementi peggiori della loro natura, la cinica meschinità del servo e la debolezza insita nel giovane aristocratico, elementi che si manifestano progressivamente come conseguenza dell’abbandono della forma degli usuali rapporti sociali.


Dal punto di vista tecnico il ricorso insistito a long takes e piani sequenza accentua la rappresentazione labirintica, mentre le angolazioni accentuate, con inquadrature soprattutto dal basso e l’utilizzo di riprese in profondità differenziano la percezione dei diversi rapporti di forza e di posizionamento sociale tra i protagonisti; le luci che spesso giocano con le ombre evidenziano inoltre le influenze del cinema europeo sul cineasta americano conferendo una caratterizzazione vagamente espressionista all’intero film.
Le interpretazioni sono tutte notevolissime ma una menzione speciale (come se ce ne fosse bisogno) è per il magnetico Dirk Bogarde e la sensuale Sarah Miles.
Un’opera insomma da recuperare assolutamente, da più parti indicato nelle liste dei film da vedere prima di morire e, curiosità, uno dei film che hanno maggiormente ispirato il regista coreano Bong Joon-ho nella realizzazione del fortunato Parasite.